ho appena dato un'occhiata ai vostri spoiler... non l'ho fatto prima perchè sapevo che avrebbe bloccato irrimediabilemente la mia vena creativa. e forse sarebbe stato un bene. mi sa che ho scritto troppo.... va beh, ormai è fatta
Il vecchio sbadigliò e si stropicciò gli occhi feriti dai raggi che entravano nella stanza. Chiedendosi che ore fossero e chi diamine avesse aperto le imposte, si alzò dal letto. Cioè, in realtà sarebbe più corretto dire che rovinò pesantemente giù dal letto, perché è proprio quello che fece il vecchio: volò poco elegantemente sul pavimento. Si chiese anche dove caspita si trovasse, e chi Merlino fosse. Realizzò in quell’istante di avere un forte mal di testa, probabile causa delle sue difficoltà motorie e cognitive.
“Una cosa è certa” si disse mentre, in preda alla nausea, cercava di alzarsi e di rimettersi a sedere sul letto “ieri sera devo aver bevuto parecchio.”
A fatica riguadagnò il cuscino e, con la faccia sprofondata in esso, si riaddormentò. Dormì poco e male, in parte per colpa della luce che entrava dalla finestra, in parte per certi sogni che lo tormentavano.
Un paio di ore più tardi, sospirando pesantemente, il vecchio si rassegnò alla scomodità delle braccia di Morfeo e decise di occupare il proprio tempo in modo più proficuo. Per esempio scoprendo chi e dove fosse. Per prima cosa esaminò la stanza in cui si trovava: una piccola camera arredata in modo spartano e senza nessun particolare degno di nota. Un letto, un armadio, un tavolino e una sedia erano l’unico arredamento. Niente quadri né oggetti personali. Si alzò e aprì l’armadio. Vuoto. Attaccato all’anta destra c’era però uno specchio, che gli restituì l’immagine di un vecchio in pigiama, con una gran barba e un ammasso di capelli bianchi e disordinati. “Eh eh” ridacchiò “almeno ora sappiamo che faccia ho”. Si mise di profilo “Toh! Che brutto naso!”
Ridacchiando fra sé e sé richiuse l’armadio e si diresse verso la porta, deciso ad esplorare le altre stanze. Solo che la porta era chiusa a chiave. Abbassò più volte la maniglia, tentando inutilmente di far scattare la serratura. Rabbuiato, si guardò intorno in cerca di una chiave, ma non ne trovò. Poi, improvvisamente, gli si illuminò una bacchetta. “Ho capito! Sono in un punta e clicca. Devo raccogliere gli oggetti di questa stanza e combinarli tra loro per riuscire ad uscire. Dunque… il letto!”
Battè due volte le mani dalle lunghe dita e, felice come un bambino con un nuovo giocattolo, tornò verso al letto. Si inginocchiò e guardò sotto. Polvere. Guardò sotto al cuscino e sotto al materasso. Niente. Deluso, passò ad esaminare il tavolo poco distante. Questa volta ebbe più fortuna: trovò un paio di occhiali a mezzaluna. Senza pensarci su, il vecchio lì inforcò e, sorpreso, si accorse di vederci molto meglio. Continuò l’esame del tavolo e della sedia, senza risultati. La finestra era anch’essa chiusa. Fuori diede solo una rapida occhiata. Se c’erano indizi, tanto per il momento non avrebbe potuto raggiungerli. E comunque, di indizi non ce n’erano. Solo vecchie case malandate affacciate su un vicolo. “Hogsmeade” pensò il vecchio “l’unico villaggio in Inghilterra abitato interamente da maghi”
Interrogandosi sulla bizzarria di quest’ultima pensata l’anziano e inconcludente protagonista di questa ff tornò ad esaminare il letto. Sia mai che ora che aveva messo gli occhiali, gli capitasse di trovare qualcosa che prima gli era sfuggito. E in effetti qualcosa trovò: un piccolo ragno si faceva i fatti suoi attaccato ad una delle gambe del letto.
“Affascinante ma pressoché inutile” commentò il vecchio col pigiama, guardandosi intorno sconsolato. Poi si diresse con passo deciso verso l’armadio. Appoggiò le dita al bordo superiore e, saltellando, tentò di guardare sopra, nel caso ci fosse un qualche indizio su come uscire dalla stanza, ma anche lì non trovò altro che polvere. “Uffa” brontolò “questo gioco non mi piace, è troppo difficile…”
Si chinò a guardare sotto l’armadio. E qua, finalmente, qualcosa catturò la sua attenzione. Uno dei piedi del mobile si era rotto ed era stato sostituito da un grosso librone. Il vecchio si coricò sul pavimento e, allungandosi più che poteva, riuscì a raggiungere il volume, sollevare un poco l’armadio (meno male che era vuoto) e prendere il libro.
“Vita e bugie di Albus Silente, di Rita Skeeter” lesse.
Chissà perché quei nomi gli suonavano familiari. Sfogliò rapidamente il libro, alla ricerca di foglietti o annotazioni. Niente. Ricontrollò pagina per pagina, con cura, ma ancora non trovò nulla di insolito. Fu in quel momento che la realtà gli piombò addosso con tutte le conseguenze del caso. NON era il protagonista di un brutto “punta e clicca”. ERA chiuso a chiave in una stanza. Ed ERA senza memoria. L’unica nota positiva era che era vestito anche se non troppo decorosamente (molti punta e clicca iniziano col protagonista in boxer). E aveva un libro in mano. Così fece l’unica cosa possibile. Si sedette sul letto, il libro appoggiato sulle gambe incrociate, i gomiti sulle ginocchia e i polsi contro gli zigomi, e si immerse nella lettura.
Parecchio tempo dopo il vecchio chiuse il libro, sfinito. Aveva la testa piena di nomi, luoghi e avvenimenti. E soprattutto si sentiva vagamente male per colpa di tutta la cattiveria che trasudava dalle pagine di quel libro. “Altro che dente avvelenato…” si disse “Questa Rita Skeeter ha tutta la dentiera tossica”
Si alzò e si avvicinò alla finestra. Il suo sguardo si perse nell’azzurro del cielo, mentre rifletteva su quanto aveva appena letto e i pezzi del puzzle andavano pian piano a posto. Tutto (o quasi) in quel libro gli suonava familiare. Kendra, Hogwarts, il funerale di Ariana… Gellert Grindelwald… Godric’s Hollow. Non erano ricordi nel vero senso della parola, ma almeno aveva la vaga sensazione di aver vissuto in prima persona molti di quegli avvenimenti. Ma non poteva essere Albus Silente, il preside di Hogwarts era morto! C’era però un fratello, Aberforth, gestore di un pub di dubbia fama ad Hogsmeade. Hogsmeade… lo sguardo gli cadde sul vicolo. Bene. Ora il vecchio aveva un nome e un cognome. Ed era un mago. Ed era chiuso a chiave in una stanza del suo stesso pub. “Dettagli…” mormorò tornando verso la porta.
Avrebbe tanto desiderato avere una bacchetta. Anche se in effetti non ricordava affatto la formula per aprire le porte. Almeno avrebbe potuto infilarla nella serratura e incrociare le dita. Alla TV babbana di solito funziona. Si concentrò sulla toppa. “Ehm… apriti!” ordinò indeciso. “Per favore? Abra Kadabra? Sim salabim! Apriti ssesamooo! Ehm… Bidibibodibibù. Le luci vanno giù e non si scherza più! Alohomora! Scià scià scialanda!”
E finalmente la porta si aprì. Circospetto Silente uscì nel corridoio e si guardò intorno. Non c’era anima viva. Si diresse verso le scale e stava quasi per scendere al piano di sotto, quando una porta che non aveva notato si aprì all’improvviso alle sue spalle.
- Ah, sei qua - disse una voce melliflua
- Uhm… sì - rispose il vecchio, sulla difensiva.
Si girò a squadrare il personaggio alle sue spalle. Quei capelli unti e quel naso gli ricordavano qualcuno.
Piton non parve per nulla infastidito dall’esame a raggi X, sia perché era una costante nella famiglia Silente squadrare a quel modo la gente, sia perché stava a sua volta esaminando minuziosamente il mago che aveva di fronte.
- Sei in pigiama - commentò lievemente infastidito
- E tu somigli a Renato Zero - replicò Silente, che finalmente aveva dato un nome a tutto quell’untume.
- Il mio nome è S-E-V-E-R-U-S P-I-T-O-N - sillabò sibilando il preside di Hogwarts.
Tra i due cadde il silenzio. Piton continuò a fissarlo torvo. Silente gli restituì un candido sguardo di educata attesa.
- Che hai fatto al naso? - indagò Piton, cogliendo il vecchio alla sprovvista.
Accidenti, tutto quello che sapeva su se stesso lo aveva letto nel libro della Skeeter, e lì non si parlava del suo naso. Si parlava un sacco del naso del fratello, in compenso. Ma del suo proprio no. E ora quell’antipatico personaggio faceva domande scomode sul pianerottolo…
- Notte brava - tagliò corto.
- Notte brava un corno - bofonchiò un terzo uomo salendo le scale. - Non vedi che è mio fratello? -
- Albus? - domandò Piton inarcando un sopracciglio. - Non erano questi i piani -
- E questo non è il luogo più adatto per discuterne. - Rispose Aberforth indicando con un cenno una delle due porte.
Piton vi entrò con sussiego e Aberforth lo seguì. Dopo un primo istante di indeciso anche il vecchio smemorato entrò nella stanza. Aveva seguito lo scambio di battute tra i due con crescente curiosità e un misto di disappunto, mentre il puzzle mentale che si era costruito andava in pezzi.
Dentro la stanza vi era un tavolo con quattro sedie, un caminetto acceso e tante ragnatele. I tre personaggi presero posto attorno al tavolo e, dopo aver evocato parecchi incantesimi anti-spia, si decisero ad aprire le ostilità. O meglio, due di loro aprirono le ostilità, mentre il terzo li osservava con interesse.
- Spiegati - ordinò Piton
- Ohhhh. A quanto pare sua Presidenza è troppo impegnata per rendersi conto di quello che è successo nei confini della sua scuola -
Piton ignorò la provocazione.
- Non si è accorto che il Signore Oscuro ha violato la tomba di mio fratello -
- Ma in buona sostanza - si intromise quello che, a questo punto non sapeva più se essere Albus o meno - Io, sono morto o no? -
- Ma cos’ha? - chiese Aberforth guardando Piton come se fosse tutta colpa sua.
- Perdita della memoria - spiegò questi, leggermente infastidito - Può succedere quando si affrettano i tempi. La pozione era calibrata per durare un anno esatto. -
- T’ho appena detto che è stato Tu-Sai-Chi. Ha profanato la sua tomba per impossessarsi della bacchetta -
- La bacchetta? - chiese Piton stupito
- L’ho trovato ieri sera che vagava lungo la strada per il villaggio. L’ho tramortito e portato qua.- Continuò Aberforth
- Come sai che è stato l’Oscuro Signore? -
- Chi altri avrebbe potuto bypassare gli incantesimi di protezione? E poi ho visto le tracce del rettile -
- Nagini -
- Come vuoi. - Grugnì Silente.
- Dunque questo contatto forzato con l’aria pura ha risvegliato Albus prima del tempo…- mormorò Piton.
- Albus sarei io? - domandò educatamente il vecchio portandosi l’indice al petto.
Piton lo guardò come se si fosse accorto in quel momento della sua presenza. Una presenza puzzolente, a giudicare dall’occhiata che le lanciò.
- Sì - sospirò infine.
Albus Silente appoggiò i gomiti al tavolo, congiunse le mani all’altezza del naso e si immerse in una profonda meditazione.
Aberforth lo osservò per un po’, leggermente a disagio, poi incrociò lo sguardo di Piton.
Questi si strinse nelle spalle. - Non ci sono precedenti. Non so quanto tempo ci voglia perché torni normale. Non so nemmeno SE tornerà normale. –
- Normale non lo è mai stato - rimbeccò il fratello, per nulla preoccupato.
Calò il silenzio, rotto solamente dal crepitare del fuoco nel caminetto. Lo sguardo di Piton si perse tra le fiamme. Si ritrovò a pensare a Potter e ai suoi allegri compari. Chissà cosa stavano facendo in quel preciso momento. Chissà se si erano già sbarazzati dell’ultimo Horcrux…
In quel mentre, nascosti in una foresta Harry Potter , Ron Weasley ed Hermione Granger erano alle prese nientemeno che con un vaso da notte.
Harry guardò l’oggetto, ma non riuscì a metterlo bene a fuoco. Strinse gli occhi, inclinò la testa… senza risultato. Provò a togliere gli occhiali e, finalmente, i contorni gli parvero più nitidi.
- Allora? – domandò Hermione mordendosi il labbro inferiore.
- Decisamente ci vedo meglio senza occhiali! – esultò lui.
- La vista di Harry ha acquistato un altro punto, ora ci vede meglio, non è vero Harry? – si intromise Ron
- Effettivamente – rispose lui, incerto – ho acquistato un punto. Forse addirittura due o tre –
- Ma cosa…? Cioè, cosa c’entra la vista di Harry? Dobbiamo tornare agli Horcrux! – si spazientì Hermione.
- Tecnicamente – la contraddisse Harry – in questa ff non è richiesta la distruzione di tutti gli Horcrux. E’ invece richiesto che Harry, cioè io, abbia un altro punto di vista. Si suppone che ad un certo punto della narrazione succeda qualcosa per cui io ci vedo meglio. E… – continuò rivolgendo uno sguardo colmo di gratitudine al presunto Horcrux che, da parte sua, continuò a far finta di niente – beh, e successa -
Durante lo sproloquio di Harry, sul volto di Hermione si erano susseguite tutta una serie di emozioni. Dubbio, incredulità, stupore, un lampo di comprensione. E compassione, soprattutto compassione.
- Ma solo io mi sono presa la briga di leggere BENE tutto il regolamento del concorso? Non dice che Harry deve acquistare punti di vista (che poi si dice decimi, non punti. Questo lo so perché il fratello di mio padre, mio zio, è ottico e ho letto 3 volte tutti i suoi libri nelle vacanze estive tra la prima e la seconda elementare). Dice che la trama deve essere narrata da un punto di vista che non sia quello di Harry. Nel senso che Harry non deve occupare tutto lo spazio coi suoi monologhi interiori o peggio ancora con le sue sedicenti visioni e intuizioni brillanti –
- Ooooh – gemette Ron, accasciandosi su uno sgabello da viaggio – Quindi non stiamo più vincendo perché Harry ha riacquistato la vista? –
- Va bene lo stesso – cercò di consolarlo Hermione. - Il punto di vista principale è quello del vecchio, quindi la condizione è rispettata. E poi vorrei farti notare che noi molto probabilmente saremo almeno nominati in quasi tutte le ff di questo concorso, quindi vinciamo comunque. Al massimo è l’autrice che dovrebbe preoccuparsi. –
- E io vorrei farti notare, cara la mia insopportabile so-tutto-Hermione-Granger, che quella che adesso decide di censurarti sono io – disse l’autrice, sogghignando beffarda mentre le sue dita, muovendosi agili sulla tastiera, riportavano la narrazione dove avrebbe dovuto essere, e cioè a Hogsmeade, il più lontano possibile dall’insopportabile trio.
- Ricapitolando - disse Silente, scuotendosi dal torpore meditativo in cui era caduto - ho inscenato la mia morte e sarei dovuto rimanere sottoterra per un anno intero. Corretto? -
Piton annuì contrariato. Questo Silente che non sa le cose è quasi irritante quanto quell’altro che le sa e non le dice.
- Motivo? - indagò Albus
- L’Oscuro Signore ha chiesto al giovane Malfoy di ucciderti. E la cara Bellatrix mi ha costretto al voto infrangibile nel caso il nipote non avesse avuto abbastanza fegato. A questo punto tu hai deciso di farti da parte per mia mano, in parte per proteggere il ragazzo e in parte per aumentare il mio prestigio agli occhi di Voi-Sapete-Chi. Nel frattempo, Potter & Co. si sarebbero occupati di trovare e distruggere gli Horcrux in modo da permetterti, al tuo risveglio, di affrontare l’Oscuro in un incontro ad armi pari… -
- Horcrux… - mormorò Silente fra sé e sé - Sette? - chiese poi a voce alta
- Come lo sai? - trasalì Aberforth
- Le mie supposizioni sono quasi sempre esatte - rispose gentilmente Albus - Ebbene? - chiese poi a Piton, che tra i due pareva quello meglio informato
- Il diario di Riddle e l’anello dei Gaunt erano già fuori combattimento. Ho provveduto io stesso a distruggere il diadema di Corvonero, che si trovava a scuola, mentre Potter e i suoi allegri compari hanno trovato e neutralizzato il medaglione di Serpeverde, la coppa di Tassorosso e proprio questa notte anche il vaso da notte… -
- Di Godric Grifondoro - concluse Albus soddisfatto
- Il vaso da cosa di chi? - balbettò Aberforth sempre più confuso
- La notte in cui Tom andò dai Potter per ucciderli - gli spiegò il fratello - egli aveva intenzione di creare il sesto ed ultimo Horcrux. Aveva usato oggetti appartenuti a tre dei quattro fondatori di Hogwarts, a rigor di logica serviva qualcosa di Grifondoro… ma così facendo avrebbe in qualche modo onorato la memoria di Godric, cosa che Tom non voleva assolutamente. Caso volle che in casa Potter ci fosse un oggetto, un vaso da notte appunto, che per la sua funzione Tom trovò in qualche modo collegato a ciò che egli pensava di Grifondoro… -
- E adesso cosa intendi fare? Egli è di nuovo mortale, ma tu non ricordi neanche quante dita dei piedi hai, figuriamoci se saresti in grado di affrontarlo in un regolare duello all’ultimo sangue -
- Vorrà dire - ribattè Albus serafico - che tu mi sostituirai. Se poco fa abbiamo ingannato Piton che dovrebbe sapere abbastanza bene che faccia ho, non avremo problemi con i mangiamorte… -
- Questo è troppo, Albus! - sbottò Aberforth alzandosi in piedi e torreggiando minaccioso sopra il fratello - E’ tutta la vita che sopporto le tue manie di grandezza, i tuoi piani perfetti e il tuo orchestrare nell’ombra muovendoci tutti come pedine per raggiungere i tuoi scopi. Questa volta non mi… tu… tu non mi… io non so neanche perché mi arrabbio. Tanto non mi convinci. Non combatterò la tua guerra, questa volta. -
Piton intanto aveva chiuso gli occhi con la segreta speranza che i due fratelli rompiscatole sparissero dalla stanza così come erano spariti dalla sua vista. Sapeva bene come sarebbe andata a finire. Albus, senza quasi reagire agli attacchi del fratello, al momento più opportuno avrebbe infilato le due o tre paroline giuste dritte nelle orecchie di Aberforth. Questi, d’altro canto, avrebbe urlato, strepitato, protestato, sputato e forse addirittura rotto qualche mobile o almeno qualche suppellettile. Passato lo sfogo iniziale, si sarebbe calmato e avrebbe fatto esattamente quello che Albus si aspettava che facesse. Avrebbe sfidato l’Oscuro Signore in un duello all’ultimo sangue, senza testimoni e senza esclusione di colpi. L’avrebbe sconfitto, probabilmente ucciso. Poi se ne sarebbe tornato a gestire un pub di dubbia fama nell’unico villaggio abitato interamente da maghi del Regno Unito, lasciando ad Albus gli onori della stampa. In fondo non era già successo anni prima, quando aveva affrontato Gellert, l’ex amico del fratello?
- C’è una cosa che ancora mi perplime - ragionò Albus, pensieroso, mentre un Aberforth ancora riluttante scendeva le scale per andare a caccia di Voldemort - sei ancora vincolato dal Voto Infrangibile. Come intendi muoverti per evitare le conseguenze del tuo giuramento? -
- Fortunatamente - rispose Piton con un ghigno - Non ho specificato entro quanto tempo o come ti avrei fatto morire. Ergo dopo un’attenta e ponderata riflessione ho deciso di farti morire… di morte naturale. Mentre “dormivi” ho distrutto le tue scorte di Elisir di Lunga Vita… - confessò serafico e non senza una punta di sadico piacere lasciò la stanza, mentre ad un pallidissimo Albus sfuggiva una parola dalle labbra:
- L’Elisir… -