Un po' triste e credo di essere andata OOC(ma non troppo), in ogni caso spero vi piaccia. Buona Lettura!
Casa Tonks, dicembre 1983.
Mancavano pochi giorni a Natale. La neve aveva imbiancato il piccolo giardino di Casa Tonks e una bambina dai capelli azzurri correva felice tra le aiuole.
Erano quasi le cinque e Andromeda Tonks stava seduta tranquillamente nel salottino di casa con una tazza di té caldo in mano. Di tanto in tanto osservava sua figlia dalla finestra per assicurarsi che stesse bene. Operazione che doveva compiere più volte conoscendo la sbadataggine della bambina che inciampava di continuo in chissà quale ostacolo invisibile, ma nonostante ciò, Nymphadora, dopo ogni eventuale caduta, si rialzava sempre sorridendo e continuava a correre, soprattutto per evitare i rimproveri della madre.
Andromeda era una madre apprensiva. E la sua apprensione era accentuata dal modo di fare e di essere di sua figlia. Dora era il ritratto del padre: sbadata, goffa, impacciata ma sempre con un sorriso spontaneo che le illuminava il viso.
La madre aveva imparato ad accettare i suoi difetti, difetti che del resto avevano contribuito tempo prima a fare innamorare la giovane Andromeda Black di un Ted Tonks tanto diverso da lei come solo il giorno dalla notte poteva esserlo.
La donna sorrise all'ennesima caduta della figlia, dall'espressione della bambina aveva intuito che non si fosse fatta male, ma non poteva mai ridere tranquillamente sinché non ne era certa.
Era fatta così, la paura di perderla sempre immensa.
“Sei esagerata Dromeda” le diceva sempre suo marito “deve pur farsi le ossa, fra un anno andrà ad Hogwarts”, Andromeda non osava immaginare quando Dora sarebbe partita per Hogwarts, vedeva già la casa sommersa di lettere degli insegnati sui pasticci che sua figlia avrebbe certamente combinato.
“Parla proprio lui” pensò Andromeda in risposta al marito “quando quest'estate il bambino dei vicini le ha buttato il gelato per terra era una furia” rise ricordando quanto in realtà Ted fosse prottetivo.
Andromeda ritornò a sedersi sul divanetto del soggiorno ricordando in quel momento che aveva promesso a suo marito di prendere le luminarie dalla soffitta.
- Nymphadora!-
- Sì, mamma?- rispose la piccola temendo un rimprovero.
- Salgo in soffitta, preferirei che rimanessi in casa quando non ti posso controllare, mi raccomando non toccare niente! - sapeva già che avrebbe toccato di tutto e di più, sperava solo che i danni non sarebbero stati troppo gravi.
“Male che vada potrebbe rompere quel pacchiano servizio da té che ci ha regalato la prozia di Ted” pensò mentre saliva le scale che portavano alla soffitta.
Entrò nella stanza polverosa in cerca delle luminarie, ma senza accorgersene urtò un baule.
- Vivere con quei due mi fa male in ogni senso.- si disse Andromeda alzando gli occhi al cielo per il dolore, chiedendosi come mai non l'avesse visto dato che si trovava proprio sulla sua traiettoria.
Si inchinò per raccogliere alcune cose che erano uscite dal grosso baule: una vecchia bambola, un manuale di pozioni e un album di foto. Tutte cose che facevano parte della sua vita prima del matrimonio con Ted. Era il suo vecchio baule che utilizzava quando andava ancora a scuola dove poi vi aveva riposto tutti gli oggetti che aveva portato via da Casa Black il giorno delle fuga.
- Ah, ecco perché mi sono fatta male, siete voi.- disse sorridendo malinconica, consapevole che quel voi non fosse solamente riferito agli oggetti. Sfogliò le pagine dell'album, le foto ritraevano lei e la sua famiglia, una famiglia di cui non faceva più parte.
- Riuscite ancora a farmi male.- disse con rabbia, ma quest' ultima si attenuò quasi subito.
E dire che un tempo li amava, forse li amava ancora nel suo profondo, anche se avrebbe dovuto detestarli. Poteva accettare che la disprezzassero per la sua scelta, ma non che odiassero suo marito e sua figlia: le persone più importanti della sua vita.
Solo per il loro sangue. Un tempo ci aveva creduto anche lei, anche se ricordava ancora le parole di Sirius “Tu non sei mai stata come loro” e invece sì Sirius, lei amava la sua famiglia, ma non era mai riuscita a provare quello stesso disprezzo che loro provavano verso i babbani; alle volte dentro di sé si sentiva una vigliacca per non aver mai assunto una vera posizione come il cugino, l'unica volta che l' aveva fatto era stato per amore, per sé stessa, probabilmente se non avesse incontrato Ted sarebbe ancora stata lì, con la sua vecchia famiglia, sposata con un purosangue che magari avrebbe anche imparato ad amare. Moglie di un mangiamorte o lei stessa una mangiamorte.
“No io non mi sarei mai schierata dalla parte di Voldemort, ma tu Sirius? Perché alla fine sei tornato indietro? Tu, che sin dalla più tenera età ti sei mostrato astioso nei confronti della nostra famiglia? Nessuno ti ha costretto, eppure ora sei rinchiuso ad Azkaban con l'accusa di essere un mangiamorte e un assassino” si chiese se bastasse la prima parola, ma aveva bisogno di sperare che assasino e mangiamorte non equivalessero. Doveva.
Non riusciva a credere che Sirius fosse passato così facilmente al lato oscuro tradendo tutti i suoi amici, avrebbe tanto voluto parlargli, farsi spiegare, ma non poteva: era stato spedito ad Azkaban senza processo due anni prima e le era stao impedito dal Ministero di scrivergli.
Non aveva neanche tentato di chiedere a qualcuno della famiglia, nessuno di loro avrebbe sprecato parole in sua difesa, per non parlare del fatto che probabilmente non l'avrebbero neanche degnata di attenzione.
“Anni sprecati a dire che desiderare di diventare mangiamorte sarebbe stata un'ottima ambizione e poi non hanno neanche protestato per la sua condanna, suppongo per non avere problemi con il Ministero" o magari perché Sirius non lo aveva fatto per loro, forse l'aveva fatto per altro, potere e gloria, forse non lo aveva mai fatto invece. Ed era stato punito ingiustamente.
I dubbi sulla colpevolezza di Sirius non potevano esserci purtroppo anche per Bellatrix o Regulus per quanto volesse. Sapeva che loro lo erano. Mangiamorte. Sapeva già ancor prima di andarsene che lo sarebbero diventati. Ma Regulus era morto, probabilmente ucciso dai suoi stessi compagni e Bellatrix era stata rinchiusa ad Azkaban, una detenzione meritata considerando che persino lei aveva ammesso la sua colpevolezza, senza però pentirsi di ciò che aveva fatto.
Narcissa invece non era diventata una mangiamorte; Druella e Cygnus dovevano aver voluto preservare la loro ultimogenita visto a cosa stava portando la guerra tra Lord Voldemort e il Mondo Magico.
Suo marito, Lucius Malfoy, era stato scagionato, si era pentito, aveva detto di essere stato stregato. Andromeda non sapeva se fosse vero, ma sta di fatto che Narcissa non l'aveva comunque contattata dopo il presunto pentimento.
Non era cambiato niente. Forse era solo tutto peggiorato. Sperava almeno che lei, suo marito e suo figlio stessero bene.
L'unico con cui era rimasta in contatto della sua vecchia famiglia era zio Alphard, cancellato dall'albero genealogico dei Black per aver lasciato in eredità dei soldi al nipote Sirius, già diseredato per aver rinnegato i valori della famiglia ed essere scappato di casa. Era grazie a lui che aveva saputo della morte di Regulus, di suo zio e poi dei suoi genitori. Funerali a cui aveva assistito da lontano chiedendosi se fosse giusto che li piangesse.
Lo era. Anche se la odiavano, o peggio anche se provavano indifferenza nei suoi confronti.
Era rimasta solo zia Walburga. Sola. Andromeda, tentata più volte di andare a trovarla non lo aveva nella realtà mai fatto, del resto la zia era l'incaricata della cancellazione dei nomi dall'albero genealogico, sicuramente non le avrebbe fatto piacere vederla.
- Per voi non esisto.- disse senza riuscire a mascherare il suo dolore.
Sospirò e ripose l'album nel baule richiudendolo.
- Mamma, che fai?- chiese una piccola Nymphadora dai capelli fucsia dopo aver seguito con interesse le ultime mosse di sua madre.
- Niente... tornavo solo indietro nel tempo. - sua figlia la guardò stupita senza capire, la sua buffa espressione fece sorridere la madre
- Allora, non hai combinato niente vero? -
- Ehm... mamma ricordi il servizio da té di zia Mary? -
- Scommetto che si trova infranto sul pavimento del salotto. -
- Ehm... -
- Andiamo, lo riparerò prima che torni tuo padre. -
Casa Tonks, Natale 1983.
La mattina di Natale la famiglia Tonks, come tutte le famiglie del mondo, si scambiava i regali davanti a un allegro fuoco.
Andromeda Tonks aveva già scartato i suoi.
- Ted, ma tu credi veramente che questo aggeggio... funzioni? -
- Certo cara! Si chiama arriccia-capelli, lo usano le attrici babbane sai -
- Oh, grazie. -
Andromeda era sempre scettica nei confronti degli aggeggi babbani, ma non avrebbe mai reso infelice suo marito rifiutando quel regalo, si promise però che se l'avesse mai usato avrebbe avuto la bacchetta sottomano. Era più forte di lei: dei babbani non si fidava.
In un angolo Nymphadora giocava con la sua nuova bambola, regalatagli dallo zio Alphard.
- Credo sia ora che ci prepariamo. Tua madre ci starà aspettando Ted.-
- Aspetta mamma, io non ti ho ancora dato il mio regalo!-
Solitamente i regali di Dora consistevano in piccole creazioni fatte da lei. Ted sorrise alla moglie.
- Ha voluto tutto fare da sola, siamo andati in un negozio a Diagon Alley e ha speso tutti i suoi risparmi.-
- Non era necessario, Ted perché non glielo hai impedito?-
Ted alzò le spalle senza dargli una giustificazione.
- Ecco mamma.- Nymphadora, che qualche attimo prima era corsa in camera sua, ora porgeva alla madre un pacchetto rettangolare.
- Grazie tesoro.-
La donna cominciò a scartare, pronta ad abbracciare sua figlia qualsiasi cosa fosse nascosta da quella carta natalizia.
Ma rimase sorpresa.
Rimase talmente sorpresa che Ted, incuriosito dall'espressione della moglie, rivolse lo sguardo sul regalo della figlia e subito i suoi occhi si spalancarono.
Dora era chiaramente contenta dell'effetto creato, ma non vedendo alcuna reazione da parte della madre e avendo notato preoccupazione nel volto del padre si chiese se avesse sbagliato qualcosa.
- Che c'è mamma? Non ti piace per caso?- chiese lei con una punta di delusione.
Andromeda stringeva tra le mani una foto incorniciata.
Una foto.
Quella foto.
La foto di cinque cugini.
A destra stava una Bellatrix già tredicenne, i lunghi capelli neri e lucenti, con la solita espressione sprezzante ma molto diversa da certe foto che sarebbero state scattate anni più tardi. Serena, con ancora una parvenza di innocenza in quell' arroganza che la contraddistingueva. Al centro stava Andromeda, aveva undici anni, morbidi capelli bruni che le incorniciavano il viso ancora tondo e dai tratti infantili. Era sorridente nel suo abitino verde lucente. Le piaceva tanto quell'abito. Chissà che fine avrà fatto si ritrovò a pensare. Vedeva la sua immagine cercare di calmare uno scalmanato Sirius di tre anni intento a fare dispetti a Bellatrix, che per ripicca gli aveva strappato di mano un peluche a forma di drago. A sinistra si trovava Cissy con i lunghi capelli biondi che badava a Regulus, ancora troppo piccolo per comprendere che fosse Natale.
Andromeda ricordava bene quel Natale.
Natale 1963.
Lei e Bellatrix erano tornate a casa per trascorrere le feste con la famiglia. Appena Narcissa le aveva viste era corsa loro incontro e persino Bella non era scappata dai suoi abbracci per quanto fosse restia a quei gesti di affetto. Era stato uno dei Natali migliori per Dromeda, fresca dei primi mesi di Hogwarts e smistata a Serpeverde come tutta la sua famiglia. Erano fieri di lei.
Ricordava anche che la lotta tra Sirius e Bellatrix aveva coinvolto ben presto gli altri cugini: Cissy era ruzzolata da una parte, facendo accorrere subito in suo aiuto Andromeda. Regulus era miracolosamente sfuggito all'albero di Natale a cui Sirius si era aggrappato mentre scappava dalla furia di Bella. Quei due avevano passato due ore nelle rispettive camere in punizione, solo grazie all'intervento di zio Alphard, che riteneva ingiusta una punizione a Natale, erano potuti ritornare a festeggiare con il resto della famiglia.
- Andromeda... -
- Tu lo sapevi? -
- Io... -
- Papà non sapeva niente del regalo, mi ha solo aiutato a scegliere la cornice.- disse triste Dora ormai conscia del fatto che la foto non fosse stata per niente gradita.
- Senti Dromeda, lei non sa... so che per te è duro, ma non potresti... ? -
Andromeda guardò intensamente Ted:
- Far finta che mi piaccia? - Ted rimase in silenzio, era proprio quello che stava per dire ma non voleva ferire i sentimenti della figlia che seguiva con le lacrime agli occhi la conversazione tra i suoi genitori.
- Dove hai trovato questa foto Dora? -
- In soffitta, nell'album che l'altro giorno stavi guardando, credevo... credevo che ti sarebbe piaciuta, scusa. - la piccola abbassò la testa.
Andromeda rivolse di nuovo lo sguardo alla foto, poi lo spostò verso il camino.
- No! - Ted si era frapposto fra lei e il camino acceso – Non vedi come ci è rimasta male? Che senso ha buttarla? Cerca di spiegarle con calma perché non ti piace, è bene che sappia la verità a questo punto. -
- Scusami? -
- Non credevo potessi arrivare a tanto. -
- Ted ti dispiacerebbe spostarti? -
Ted si spostò, ma continuò a fissarla preoccupato.
Andromeda arrivò davanti al camino, per un attimo le fiamme lampeggiarono nei suoi occhi.
- Non capisco davvero Ted perché dovrei far finta che mi piaccia, se... mi piace veramente. - disse poggiando la foto sopra la mensola del camino.
- È il più bel regalo che abbia mai ricevuto! - disse voltandosi verso la figlia, la sorpresa nelle facce di Ted e di Dora era impagabile pensò Andromeda. La bambina corse verso la mamma e la abbracciò forte.
- Credevo non ti piacesse. -
- Come mai hai scelto questa foto?-
- Ho riconosciuto Sirius e poi mi sembrava la più bella. -
Definirla la più bella era decisamente esagerato, era l'unica foto in cui non erano composti come ci si aspettava da dei veri Black, ma doveva essere stata la spontaneità di quella situazione ad aver colpito maggiormente Dora.
- Hai ragione è molto bella, ora vai a prepararti, fra un po' andiamo dai nonni. -
Nymphadora si staccò dall'abbraccio della madre e ritornò nella sua cameretta.
- Dromeda, stai bene? - gli chiese apprensivo Ted.
- Sì. -
- Sei sicura di voler tenere quella foto in salotto? -
- Sì Ted, ma se a te da fastidio vedere ogni giorno delle persone che disprezzano il tuo sangue e quello di tua figlia toglila pure, ti capisco. -
- Non ho nessuna intenzione di toglierla, il fatto che non piacessi e non piaccia tutt'ora alla tua famiglia non mi disturba, del resto tu devi sopportare mia zia! -
- Non è proprio la stessa cosa.- disse Andromeda trattenendo le lacrime dalla commozione per la comprensione del marito.
Ted alzò le spalle in quel suo solito modo buffo.
Mentre uscivano dalla villetta Andromeda rivolse un ultimo sguardo sereno alla foto. Forse veramente l'ultimo.